Quali sono le diverse tipologie di imballaggio? Cosa prevede la normativa

La vita di un prodotto è scandita anche dal suo packaging. Il consumatore è abituato, in genere, al packaging primario, ossia quello che contiene direttamente la merce; tuttavia, la filiera logistica e l’immagazzinamento di un prodotto richiedono sempre il ricorso a forme di imballaggio, utili proprio per lo stoccaggio e il trasporto.

Quali sono le tipologie di imballaggio?

Cominciamo subito con il dire che qualsiasi imballaggio ha la funzione di proteggere il cibo e le merci in ogni fase del loro ciclo di vita.

Oggi possiamo contare su imballaggi sempre più evoluti. Un esempio è caratterizzato proprio dal packaging attivo, che interagisce con il contenuto al fine di migliorare le qualità e allungarne il ciclo di vita.

Secondo la normativa italiana, che si esplica nel D.L n.152 del 3 aprile, si distinguono tre diversi tipi di imballaggio:

  • Primario
  • Secondario
  • Terziario

Che cosa è l’imballaggio primario?

Quando parliamo di imballaggio primario, siamo di fronte al “primo rivestimento”. Questo è il packaging che troviamo sugli scaffali. Dal punto di vista sanitario, ha la funzione di impedire che il prodotto contenuto possa essere alterato da agenti contaminanti.

Nel dettaglio, l’imballaggio primario deve facilitare l’identificazione del prodotto secondo le normative vigenti. Ciò significa che deve riportare informazioni di utilizzo, ingredienti, scadenza e informazioni per il riciclo del packaging.

La sua funzione è anche quella di garantire la sicurezza nel corso della shelf life; pertanto, il packaging consente al prodotto di non ribaltarsi e di assumere una posizione stabile sullo scaffale.

Secondo gli ultimi orientamenti, che vedono il packaging sempre più ecologico e sostenibile, gli imballaggi vanno elaborati con la minor quantità di materiale possibile.

Che cosa si intende per imballaggio secondario o multiplo?

Qualsiasi prodotto, spesso, si trova a percorrere una lunga strada che parte dal luogo di produzione fino a quello di distribuzione. L’imballaggio secondario è detto anche multiplo perché raggruppa al suo interno un numero predefinito di articoli.

Il packaging secondario può essere facilmente rimosso per una rapida esposizione, oppure per un utilizzo diretto da parte del consumatore. Un esempio di packaging secondario può essere costituito dal cartone che avvolge le lattine di pelati o di legumi, e tutti i prodotti venduti in confezioni che comprendono più di un pezzo.

Inoltre, il packaging secondario si contraddistingue per un aspetto funzionale, cioè permette alle merci di essere impilato, oltre a contenere una serie di articoli. Un esempio può essere rappresentato dalle scatole americane, che permettono di destinare al loro interno un certo numero di prodotti.

Imballaggio terziario: a che serve

L’imballaggio terziario si differenzia dalle precedenti tipologie di packaging anzitutto perché non viene manipolato dai consumatori, ma solo dagli operatori della catena logistica e di distribuzione.

La sua funzione è quella di facilitare le operazioni di trasporto e di immagazzinamento del prodotto. Un esempio è costituito dai bancali e dai pallet, che consentono di impilare il prodotto e di spostarlo mediante macchinari appositi.

Quali sono i riferimenti normativi in vigore in Italia?

L’Italia ha recepito quelli che sono i riferimenti normativi previsti nella direttiva europea 94/62/CE. Tutte le indicazioni presenti nella direttiva sono state inglobate nel decreto legislativo 22/97 prima, e poi li ritroviamo nella parte IV del Decreto Legislativo del 3 aprile 2006, n°152 intitolato “Norme in materia ambientale”.

La norma prevede che possano essere commercializzati sono gli imballaggi che rispondono agli standard fissati dal Comitato europeo di normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali che ritroviamo nel articolo 9 della direttiva 94/62/CE che abbiamo citato nel paragrafo precedente.

Nel dettaglio non è possibile immettere sul mercato imballaggi con livello di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100ppm. Fanno eccezione gli imballaggi realizzati in cristallo.

Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE, aggiornata poi nella decisione 2006/340/CE. Gli imballaggi di plastica sono normati in base alla decisione 1999/177/CE dell’8 febbraio 1999.

Nel nostro Paese attualmente sono applicate le leggi riguardanti la conformità ai requisiti essenziali che riguardano sia la fabbricazione che la composizione, la riutilizzabilità e la recuperabilità degli imballaggi.

Andiamo quindi verso un packaging sempre più sostenibile, che una volta finito il suo ciclo di vita può essere recuperato e riutilizzato come nuova materia prima.

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